febbraio 15, 2019
Indagini difensive: L'atto prodotto dal difensore ha lo stesso valore di quello redatto dal PM
Rif. Cassazione penale, Sez. III, sentenza del 2 ottobre 2018 (dep. il 17 gennaio 2019), n. 2049
«L’atto redatto dal difensore, ex artt. 391-bis -ter c.p.p., ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero e può ritenersi nullo solo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione dell’avvocato o del sostituto che lo ha redatto, e non anche se l’informatore dichiarante non ha sottoscritto l’atto foglio per foglio».
Questo fondamentale principio di “civiltà giuridica” viene affermato dalla Suprema Corte, estendendo per analogia alla redazione delle indagini difensive la disciplina di cui all’art. 142 c.p.p., prevista per il verbale del P.M, e – conseguentemente – l’atto del difensore sarà nullo solo qualora vi sia incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto, veste assunta dal difensore nella documentazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti.
Tale principio costituisce una garanzia decisiva a tutela del diritto di difesa del cittadino e, qualunque provvedimento contrario, ne causerebbe una inevitabile lesione.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del G.U.P. presso il Tribunale di Cassino che condannava l’imputato ad anni 1 mesi 4 di reclusione relativamente al reato di cui all'art. 81 c.p., e art. 609 bis c.p., commi 2 e 3, assorbito il reato del capo B (artt. 81 e 582 c.p., e art. 61 c.p., n. 2).
In tale procedimento, prima della celebrazione dell’udienza preliminare, il difensore dell’imputato aveva allegato al fascicolo del Pubblico Ministero le dichiarazioni di n. 3 persone informate sui fatti e, con la successiva richiesta di giudizio abbreviato, tale documentazione diveniva a tutti gli effetti valutabile dal G.U.P. per la decisione finale.
Il Giudice – per contro – dichiarava inutilizzabili dette sommarie informazioni testimoniali in quanto non sottoscritte in ogni foglio da chi le aveva rese.
Secondo la lettera dell'art. 137 c.p.p., la mancata sottoscrizione di un atto in ogni foglio non comporta la sua invalidità, poiché la nullità è prevista solo per l'incertezza assoluta sulle persone intervenute, o per la totale mancanza della sottoscrizione.
Il difensore, infatti, deve considerarsi un pubblico ufficiale quando verbalizza le sommarie informazioni testimoniali, come ritenuto dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sez. U, n. 32009 del 27.06.2006).
La Corte di appello,con motivazione scarna e sbrigativa confermava la sentenza del Giudice di prime cure, non prendendo in considerazione le censure proposte dalla difesa con l’atto d’appello.
In diritto, l'atto redatto dal difensore ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero, come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte: "Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico, p. e p. ex art. 479 c.p., la condotta del difensore che documenta e poi utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero" (SSUU, n. 32009/06).
Il difensore può incappare anche nel delitto di falso materiale in atto pubblico ex art. 476 c.p. consistente nella contraffazione, ad opera del difensore, delle firme poste in calce ai verbali delle dichiarazioni rilasciate.
L'avvocato, come già sottolineato, assume la veste di pubblico ufficiale quando procede alla formazione del verbale nel quale cristallizza in maniera fedele, corretta e integrale le informazioni ricevute ai sensi degli artt. 391 bis e ter c.p.p.
L’art. 392 bis c.p.p. indica tassativamente le forme che il difensore può utilizzare per documentare ed utilizzare nel processo i risultati dell'indagine.
Il difensore - nell'acquisire notizie da una persona a conoscenza dei fatti oggetto di un processo - può procedere in tre modi:
a) conferire con essa, senza documentare il colloquio;
b) richiedere una dichiarazione scritta;
c) procedere ad esame diretto della stessa con verbalizzazione ed eventuale fonoregistrazione.
La documentazione del ricevimento di una dichiarazione scritta o dello svolgimento dell'esame orale deve avvenire secondo le modalità previste dalla legge e sono proprio tali obblighi in capo al difensore a costituire, nello stesso tempo, garanzia di fedeltà e fondamento della valenza probatoria equivalente a quella dell’attività del Pubblico Ministero.
Sotto il profilo strettamente processuale, il verbale delle dichiarazioni rese dalla persona informata dei fatti può essere utilizzatori fini delle contestazioni ex art. 500 c.p.p. ed è acquisibile al dibattimento mediante lettura ai sensi degli artt. 512 e 513 c.p.p.
L’avvocato, che al contrario del PM non ha obbligo di operare alla ricerca della verità, se acquisisce una prova sfavorevole al proprio assistito in sede di investigazione difensiva può non produrla nel processo ma, certamente, non può e non deve distruggerla né tanto più manipolarla, in tal modo falsificandola, al fine di renderla funzionale alla difesa.
Conseguentemente deve ritenersi che gli elementi di prova raccolti dal difensore ai sensi dell'art. 391 bis c.p.p. sono equiparabili, quanto ad utilizzabilità e forza probatoria, a quelli raccolti dal pubblico ministero e, pertanto, il giudice al quale essi siano stati presentati non può limitarsi ad acquisirli, ma deve valutarli unitamente a tutte le altre risultanze del procedimento, spiegando in maniera esauriente - laddove ritenga di disattenderli - le relative ragioni.
Come sopra visto, invece, il difensore ha un obbligo di fedeltà e veridicità di verbalizzazione, tanto che nell'ipotesi di falsificazione risponde del reato di falsità ideologica in atto pubblico.
Trova applicazione, esclusivamente, la norma dell'art. 142 c.p.p., che prevede la nullità del verbale se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto.
Il principio di diritto scaturente dalla sentenza della Suprema Corte n. 2049/18, che annullava con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma, è che l’atto redatto dal difensore, ex artt. 391 bis e 391 ter c.p.p., ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero e può ritenersi nullo solo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione dell'Avvocato o del sostituto che lo ha redatto, e non anche se il dichiarante non ha sottoscritto l’atto in ogni foglio.
Avv. Francesco Cavazzuti
Indagini difensive: L'atto prodotto dal difensore ha lo stesso valore di quello redatto dal PM Rif. Cassazione penale, Sez. III, s...
Indagini difensive: Atto prodotto dal difensore
Indagini difensive: L'atto prodotto dal difensore ha lo stesso valore di quello redatto dal PM
Rif. Cassazione penale, Sez. III, sentenza del 2 ottobre 2018 (dep. il 17 gennaio 2019), n. 2049
«L’atto redatto dal difensore, ex artt. 391-bis -ter c.p.p., ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero e può ritenersi nullo solo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione dell’avvocato o del sostituto che lo ha redatto, e non anche se l’informatore dichiarante non ha sottoscritto l’atto foglio per foglio».
Questo fondamentale principio di “civiltà giuridica” viene affermato dalla Suprema Corte, estendendo per analogia alla redazione delle indagini difensive la disciplina di cui all’art. 142 c.p.p., prevista per il verbale del P.M, e – conseguentemente – l’atto del difensore sarà nullo solo qualora vi sia incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto, veste assunta dal difensore nella documentazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti.
Tale principio costituisce una garanzia decisiva a tutela del diritto di difesa del cittadino e, qualunque provvedimento contrario, ne causerebbe una inevitabile lesione.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del G.U.P. presso il Tribunale di Cassino che condannava l’imputato ad anni 1 mesi 4 di reclusione relativamente al reato di cui all'art. 81 c.p., e art. 609 bis c.p., commi 2 e 3, assorbito il reato del capo B (artt. 81 e 582 c.p., e art. 61 c.p., n. 2).
In tale procedimento, prima della celebrazione dell’udienza preliminare, il difensore dell’imputato aveva allegato al fascicolo del Pubblico Ministero le dichiarazioni di n. 3 persone informate sui fatti e, con la successiva richiesta di giudizio abbreviato, tale documentazione diveniva a tutti gli effetti valutabile dal G.U.P. per la decisione finale.
Il Giudice – per contro – dichiarava inutilizzabili dette sommarie informazioni testimoniali in quanto non sottoscritte in ogni foglio da chi le aveva rese.
Secondo la lettera dell'art. 137 c.p.p., la mancata sottoscrizione di un atto in ogni foglio non comporta la sua invalidità, poiché la nullità è prevista solo per l'incertezza assoluta sulle persone intervenute, o per la totale mancanza della sottoscrizione.
Il difensore, infatti, deve considerarsi un pubblico ufficiale quando verbalizza le sommarie informazioni testimoniali, come ritenuto dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sez. U, n. 32009 del 27.06.2006).
La Corte di appello,con motivazione scarna e sbrigativa confermava la sentenza del Giudice di prime cure, non prendendo in considerazione le censure proposte dalla difesa con l’atto d’appello.
In diritto, l'atto redatto dal difensore ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero, come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte: "Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico, p. e p. ex art. 479 c.p., la condotta del difensore che documenta e poi utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero" (SSUU, n. 32009/06).
Il difensore può incappare anche nel delitto di falso materiale in atto pubblico ex art. 476 c.p. consistente nella contraffazione, ad opera del difensore, delle firme poste in calce ai verbali delle dichiarazioni rilasciate.
L'avvocato, come già sottolineato, assume la veste di pubblico ufficiale quando procede alla formazione del verbale nel quale cristallizza in maniera fedele, corretta e integrale le informazioni ricevute ai sensi degli artt. 391 bis e ter c.p.p.
L’art. 392 bis c.p.p. indica tassativamente le forme che il difensore può utilizzare per documentare ed utilizzare nel processo i risultati dell'indagine.
Il difensore - nell'acquisire notizie da una persona a conoscenza dei fatti oggetto di un processo - può procedere in tre modi:
a) conferire con essa, senza documentare il colloquio;
b) richiedere una dichiarazione scritta;
c) procedere ad esame diretto della stessa con verbalizzazione ed eventuale fonoregistrazione.
La documentazione del ricevimento di una dichiarazione scritta o dello svolgimento dell'esame orale deve avvenire secondo le modalità previste dalla legge e sono proprio tali obblighi in capo al difensore a costituire, nello stesso tempo, garanzia di fedeltà e fondamento della valenza probatoria equivalente a quella dell’attività del Pubblico Ministero.
Sotto il profilo strettamente processuale, il verbale delle dichiarazioni rese dalla persona informata dei fatti può essere utilizzatori fini delle contestazioni ex art. 500 c.p.p. ed è acquisibile al dibattimento mediante lettura ai sensi degli artt. 512 e 513 c.p.p.
L’avvocato, che al contrario del PM non ha obbligo di operare alla ricerca della verità, se acquisisce una prova sfavorevole al proprio assistito in sede di investigazione difensiva può non produrla nel processo ma, certamente, non può e non deve distruggerla né tanto più manipolarla, in tal modo falsificandola, al fine di renderla funzionale alla difesa.
Conseguentemente deve ritenersi che gli elementi di prova raccolti dal difensore ai sensi dell'art. 391 bis c.p.p. sono equiparabili, quanto ad utilizzabilità e forza probatoria, a quelli raccolti dal pubblico ministero e, pertanto, il giudice al quale essi siano stati presentati non può limitarsi ad acquisirli, ma deve valutarli unitamente a tutte le altre risultanze del procedimento, spiegando in maniera esauriente - laddove ritenga di disattenderli - le relative ragioni.
Come sopra visto, invece, il difensore ha un obbligo di fedeltà e veridicità di verbalizzazione, tanto che nell'ipotesi di falsificazione risponde del reato di falsità ideologica in atto pubblico.
Trova applicazione, esclusivamente, la norma dell'art. 142 c.p.p., che prevede la nullità del verbale se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto.
Il principio di diritto scaturente dalla sentenza della Suprema Corte n. 2049/18, che annullava con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma, è che l’atto redatto dal difensore, ex artt. 391 bis e 391 ter c.p.p., ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero e può ritenersi nullo solo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione dell'Avvocato o del sostituto che lo ha redatto, e non anche se il dichiarante non ha sottoscritto l’atto in ogni foglio.
Avv. Francesco Cavazzuti
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